Schiavi. Una storia mediterranea di Salvatore Bono , , ,

Schiavi. Una storia mediterranea di Salvatore Bono

Ogni volta che pensiamo alla schiavitù, inevitabilmente immaginiamo il fenomeno durante l’epoca greco-romana, o in riferimento alla storia recente degli Stati Uniti. L’opera di Salvatore Bono, edita nel 2016 e ristampata quest’anno, ci mostra come tale piaga abbia caratterizzato anche la storia del Mediterraneo in epoca moderna, fino agli inizi del XIX secolo. Il professor Bono cerca di stabilire quali fossero le caratteristiche peculiari della schiavitù mediterranea e, dunque, le differenze con quella americana.

 

Schiavi. Una storia mediterranea di Salvatore Bono

I fattori principali della schiavitù mediterranea erano la reciprocità e la reversibilità: chiunque poteva divenire schiavo o padrone e tale pratica non era ereditaria, dunque lo schiavo mediterraneo poteva tornare più facilmente in libertà rispetto a quello americano. Ciò accadeva attraverso il pagamento di un riscatto, oppure attraverso la manumissione, cioè la libertà ottenuta per volontà del padrone stesso. Non dobbiamo cadere in errore e pensare che Bono cerchi di normalizzare il fenomeno schiavile, classificandolo come uso comune; ma effettivamente, pur non dimenticando le enormi sofferenze, gli schiavi mediterranei avevano più possibilità di condurre una vita normale rispetto agli americani. La schiavitù europea era comunemente legata allo scontro ideologico tra cristiani e musulmani, in atto in quel periodo. L’intento di entrambe le fazioni era quello di ottenere la conversione dello schiavo, in modo da integrarlo in società e metterlo alla dipendenze dei padroni.

Schiavi e padroni sono parole che nei secoli successivi saranno declinate in altri modi, ma la sostanza pare non essere cambiata. Gli europei cercavano forza-lavoro per le mansioni più degradanti o più pesanti; i musulmani catturavano in vista di un futuro riscatto, come è accaduto allo schiavo più famoso di cui abbiamo notizie: Miguel de Cervantes. Occorre tener presente che la maggior parte dei futuri schiavi erano catturati dai corsari, pagati e alle dipendenze degli Stati, o dai pirati, che agivano indipendentemente e al di fuori della legge. Essi potevano diventare schiavi o anche essere liberati in base alle vicende di una singola battaglia, come se fossero merce o ricompense.

VOTO 40 FERMATE: Bono presta molta attenzione alle cifre, alle date e ai luoghi, per questo non aspettatevi un racconto scorrevole. Non è un romanzo e non deve esserlo. È pura divulgazione. La narrazione è costellata da centinaia di episodi, forse troppo slegati, ma fondamentali per capire quanto fosse complicata la situazione durante l’epoca moderna. Leggendo il libro ci renderemo conto di quanto spesso dimentichiamo che la nostra storia si è fondata anche su tali fenomeni, dando quindi per scontata la libertà di cui godiamo oggi.

Citazione: Sulle vendite a Lisbona la ricordata lettera di Filippo Sassetti descrive così con sprezzo una cinquantina «di questi animali», i poveri neri messi in cerchio al mercato con in mezzo un catino per abbeverarsi: chi ne vuole comperare va quivi e guarda loro la bocca, fa distendere e raccorre le braccia, chinarsi, correre e saltare e tutti gli altri movimenti e gesti che può fare un sano […] e da loro, sì nell’azione come nel colore, a un branco di porci che s’azzuffano per ficcare la testa nel brodo, non era nessuna differenza.

 Libero Iaquinto

 

Clicca il pulsante per acquistare il libro

 

 

Be the first to review “Schiavi. Una storia mediterranea di Salvatore Bono”