L’OCCUPAZIONE ,

Gli Stati Uniti sono stati improvvisamente occupati dall’Unione Europea…oppure è il contrario, nessuno riesce a capirlo. In un susseguirsi di informazioni vaghe e contraddittorie (che, pur trovandoci in un romanzo quasi fantascientifico, ricordano paurosamente la realtà), la vita quotidiana non pare risentire della notizia, anzi prosegue nella normalità, se non fosse per il caos creato dai media e il proliferare di movimenti, sette, gruppi di vario genere dalla dubbia credibilità (gli Emisfero Sinistro, i Foglietti, la Chiesa di Smith, gli Armadilli).

 

In questa cornice Andreas e Jacob, due programmatori che vivono a Manhattan,  hanno un bel da fare con i loro problemi personali, tra fidanzate scomparse e stalker virtuali.

“L’occupazione” è il primo vero romanzo di Alessandro Sesto dopo due raccolte di racconti e lo scrittore sceglie come terreno il difficile genere della distopia, condita però dalla sua tipica ironia colta, ricchissima di riferimenti filosofici, religiosi e pop, in un flusso continuo di informazioni che ci fanno domandare “Ma quante cosa sa quest’uomo?”. Sesto, oltre a creare la trama, costruisce il mondo dei due protagonisti fin nei minimi dettagli, ipotizzando ad esempio serie televisive che già da sole potrebbero valere come romanzi. E’ un universo che inghiotte il lettore, impegnato a seguire le vicende, ma anche i pensieri dei programmatori, i loro scambi di mail, arrivando a tirare le fila del discorso, anche senza giungere ad un vero e proprio finale conclusivo e chiuso.

E’ un libro nel quale ogni tanto si riflette anche sul linguaggio stesso e si aprono parentesi di metaromanzo che portano a chiedersi quale sia il nostro punto di vista e quanto la storia sia in equilibrio tra irrealtà e possibilità.

VOTO 40 FERMATE: Nonostante le ormai conosciute e apprezzate doti di ironia e maestria nell’usare il linguaggio dell’autore rendano questo libro piacevole e scorrevole, si tratta comunque di 304 pagine ricche di riferimenti e rimandi culturali, particolari che non sarebbe giusto trascurare: un romanzo adatto a viaggi lunghi e attenzione alta.

CITAZIONE: “In quel periodo Alvinzi era ossessionato dal problema dei suoi stessi baffi. Piccolo e roseo, gli sembrava che i baffi gli dessero un’immagine più virile, senza renderlo virile, ma almeno segnalando che era di sesso maschile. Inoltre, gli consentivano di fare leva sulla inclinazione umana alla speranza, per cui qualche donna avrebbe creduto che avesse margini di miglioramento, potendoseli togliere. D’altra parte portando i baffi mostrava una cura per il proprio aspetto che gli pareva incompatibile con il nichilismo feroce che Schuster predicava a lezione e che lui sottoscriveva. Se nulla ha senso, perché i baffi? Era  molto giovane. Infine se li tagliò. Per lui era un gesto importante, come bere la cicuta per Socrate.”

Flavia Capone

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