CANDORE , , ,

Martino ha una passione, un’unica passione che è quasi una ragione di vita: il porno. Questo il presupposto del romanzo di Desiati, che però descritto in questo modo è sicuramente molto fuorviante: perché Martino è un protagonista tenero, un fallito che nonostante il suo amore per il suddetto genere (letterario e cinematografico) non ispira disgusto ma quasi affetto.

 

Perché per lui la pornografia è poesia, è un mondo quasi romantico che si sovrappone alla realtà rendendola migliore, anzi ha il potere di sublimare la vita quotidiana avvicinandola al sogno.

I nomi delle attici si legano alle donne della sua vita, per ognuna delle quali sa trovare un alter-ego più disinibito pronto a seguirlo nei suoi desideri. Desideri che quasi mai si realizzano: Martino non combina praticamente nulla nella propria vita, pur tessendo decine di relazioni più o meno superficiali con i personaggi più disparati e disperati: manager viziosi, viscidi proprietari di club, ex pornostar amorevoli, un universo di varia umanità che popola le notti di Roma.

La capitale gioca un ruolo importante: non è solo uno scenario (tra l’altro descritto stupendamente nella sua decadenza, i romani ci si ritroveranno alla perfezione), è una creatura viva , che ospita nel proprio ventre ogni genere di perversione, storia personale, amore benedetto e maledetto, che sa respingere e accogliere con la stessa forza.

E’ stata un lettura sorprendente, in grado di suscitarmi commozione, risate ed emozioni contrastanti ad ogni pagina; la storia di un protagonista incompreso nella sua scelta “culturale”, rifiutato e allontanato, che cerca continuamente il suo posto, solo perché in fondo ha ben chiaro quale sia ma il resto del mondo non glielo riconosce.

VOTO 30 FERMATE: Un romanzo appassionante ma che va letto con attenzione, per non perdere le tante perle che nasconde; dedicategli del tempo, magari una decina di viaggi, e non sarà sprecato.

CITAZIONE: “Mi passai un dito sulla guancia e vidi che il polpastrello sfavillava, piccole perline luccicanti tra i pori della pelle, scadenti cosmetici che qualcuno degli esseri notturni mi aveva trasmesso senza che potessi accorgermene. Sfolgoravo nel giorno, portandomi appresso tutte le notti che avevo vissuto. Non ho la faccia che brilla, sono soltanto un gabbiano che non sa più riconoscersi tra voi.”

 

Flavia Capone

 

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