L’UOMO CHE LOTTAVA CON I CANI , , ,

Vi consiglio di lasciarvi trascinare dalla marea degli eventi. Abbandonate ogni pensiero razionale, ridete di ogni situazione comica. State calmi, non ricercate un significato nascosto in ogni cosa. Dopo tutto ciò iniziate pure a leggere il nuovo romanzo di Filippo Pace.

 

L’uomo del titolo è zio Ferruccio, un fabbro perennemente ubriaco che cerca di difendere il nipote Elvio, vero protagonista del romanzo. Elvio è un brillante avvocato che fin da piccolo viene attaccato senza motivo da tutti i cani che incontra. Tali attacchi avvengono durante i momenti più importanti della sua vita: la laurea, il matrimonio, la nascita del figlio. Lo costringono a isolarsi, abbandonare il lavoro e restare chiuso in casa. Un giorno però, per ritrovare se stesso, decide di partire. Da questo punto inizierà un viaggio di formazione, durante il quale Elvio sarà trasformato proprio in un cane, diventando dunque nemico di se stesso, fino al colpo di scena finale.

Degne di nota sono le tre storie incidentali, importanti ai fini della crescita interiore di Elvio, dopo la lettura delle quali ci si rende conto che il vero nemico da combattere è dentro la propria testa, è la paura di essere se stessi, il non sapersi accettare, amare incondizionatamente. Per questo la seconda parte del romanzo è attraversata da un senso di nostalgia per le cose perdute, che Elvio non ha saputo apprezzare mentre le stringeva tra le mani.

Voto 20 fermate: La scrittura di Pace è rapida, caratteristica che aumenta il tono comico dell’opera. Da dottorando in letteratura italiana è molto abile a districarsi tra mille citazioni fino ad arrivare all’apice della metacritica quando recensisce, in modo ironico, il suo libro per bocca di due suoi personaggi. I personaggi secondari sono spassosi, ognuno con la sua storia; aiuteranno Elvio indirettamente nel suo percorso personale con i loro esempi negativi.

Citazione: “Elvio aveva finito la minestra, prese a sbocconcellare il pane e non riusciva a scappare. Quel vizio di essere umano e di voler fingersi normale non lo abbandonava nemmeno ora. Voleva sentire quel che aveva da dire quell’uomo, c’era qualcosa che lo affascinava nella sua indolenza cortese e nella sua voglia di rammemorare il passato. Cominciò a piovere, la sinfonia della pioggia allontanava ancora una volta il mondo e le sue bizze da Elvio. Scodinzolò, tese gli orecchi. Era pronto per sentire la storia. La voglia di Sonia lo avvolse… e di prendere suo figlio in braccio. Che bella sarebbe stata la normalità…”

Libero Iaquinto

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