VERDAD , , ,

Sto scrivendo la recensione di Verdad, e, durante le pause, leggo online che la copertina di un altro titolo della Coconino Press, La terra dei figli di Gipi, libro elogiatissimo da critica e pubblico, è stata candidata al premio “Fumetto Cover Design 2017” all’interno del neonato festival “Be Comics” di Padova.  Mi dico che allora non è un caso che, la prima volta che ho visto Verdad, io sia stata fatalmente attratta dalla copertina, che offre un assaggio della magica tricromia di tutta la storia.

 

Anche se è il blu a dominare (quasi ad avvertire della declinazione malinconica della protagonista), durante la narrazione questo colore si divide equamente con il giallo e il rosso il compito di dare vita alla pagina, creando tavole a volte indimenticabili. Anche il verde, che nasce naturalmente dalla sovrapposizione di due dei tre colori scelti, ricorre insistente, soprattutto per l’ambientazione nel bosco, luogo centrale dal punto di vista narrativo e simbolico.  Un’oligarchia cromatica che si interrompe solo in qualche occasione, per brevissime sequenze, quasi tematizzazioni di alcuni degli intenti ideologici del racconto: qui la resa è più cupa, con il bianco e nero, spezzati a tratti da un rosso vivido.

Verdad ha trascorso l’infanzia nella venerazione enigmatica della madre, Inès: a causa di una nonna bigotta e oscurantista, da bambina ha notizie di lei solo attraverso una foto e un nome, quello del suo luogo preferito, il Monte Verità.  È quando è già una combattente antifranchista che Verdad viene a conoscenza della verità (mi si perdoni la ridondanza), e capisce da chi ha ereditato il suo anelito di libertà: anche lei, come Inès, coltiva un’utopia personale, che a ben vedere trascende l’engagement contingente della guerra civile spagnola, e tocca tematiche di interesse universale. Quando però i progetti di Verdad sono frustrati da uno sfortunato episodio, lei stessa si trova costretta ad affrontare un sogno mutilo, e a vederne la triste conferma nell’immagine che lo specchio restituisce del suo corpo, anch’esso ormai mutilo. Allora la ragazza, appena ventiseienne, si rifugia sulla montagna, dove non è immune da interrogativi e dubbi, ma da cui, in piena coerenza con se stessa, sarà capace di tentare un ultimo guizzo di libertà.

VOTO 30 FERMATE:  Questo libro vi incanterà, e il vostro viaggio diventerà magicamente più breve. Tuttavia, sia l’orditura del racconto, non sempre in ordine cronologico, sia la sapiente costruzione tematica e cromatica richiederanno tempi un po’ più distesi, e probabilmente vi verrà voglia di riaprire il libro in tutta tranquillità, una volta tornati a casa. Degna di un’attenta riflessione è soprattutto la resa ideologica del personaggio, una donna coscientemente sola nella propria rivendicazione di autonomia: si tratta di un ritratto che non mira a una coerenza ottusa e granitica, ma piuttosto a restituire una persona onesta con se stessa, e insieme capace di trarre soprattutto dalle sue debolezze e dalle sue domande la propria forza di autodeterminazione.

CITAZIONE: “Ho lottato una vita per un mondo che non ha posto per me. Sono inadatta al paradiso. Non lo merito. / Non riesco a cambiare rotta. Forse sono stupida. Non riesco a salvarmi la pelle, a curarmi l’anima.”

Chiara Borrelli

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