Anche se è il blu a dominare (quasi ad avvertire della declinazione malinconica della protagonista), durante la narrazione questo colore si divide equamente con il giallo e il rosso il compito di dare vita alla pagina, creando tavole a volte indimenticabili. Anche il verde, che nasce naturalmente dalla sovrapposizione di due dei tre colori scelti, ricorre insistente, soprattutto per l’ambientazione nel bosco, luogo centrale dal punto di vista narrativo e simbolico. Un’oligarchia cromatica che si interrompe solo in qualche occasione, per brevissime sequenze, quasi tematizzazioni di alcuni degli intenti ideologici del racconto: qui la resa è più cupa, con il bianco e nero, spezzati a tratti da un rosso vivido.
Verdad ha trascorso l’infanzia nella venerazione enigmatica della madre, Inès: a causa di una nonna bigotta e oscurantista, da bambina ha notizie di lei solo attraverso una foto e un nome, quello del suo luogo preferito, il Monte Verità. È quando è già una combattente antifranchista che Verdad viene a conoscenza della verità (mi si perdoni la ridondanza), e capisce da chi ha ereditato il suo anelito di libertà: anche lei, come Inès, coltiva un’utopia personale, che a ben vedere trascende l’engagement contingente della guerra civile spagnola, e tocca tematiche di interesse universale. Quando però i progetti di Verdad sono frustrati da uno sfortunato episodio, lei stessa si trova costretta ad affrontare un sogno mutilo, e a vederne la triste conferma nell’immagine che lo specchio restituisce del suo corpo, anch’esso ormai mutilo. Allora la ragazza, appena ventiseienne, si rifugia sulla montagna, dove non è immune da interrogativi e dubbi, ma da cui, in piena coerenza con se stessa, sarà capace di tentare un ultimo guizzo di libertà.
VOTO 30 FERMATE: Questo libro vi incanterà, e il vostro viaggio diventerà magicamente più breve. Tuttavia, sia l’orditura del racconto, non sempre in ordine cronologico, sia la sapiente costruzione tematica e cromatica richiederanno tempi un po’ più distesi, e probabilmente vi verrà voglia di riaprire il libro in tutta tranquillità, una volta tornati a casa. Degna di un’attenta riflessione è soprattutto la resa ideologica del personaggio, una donna coscientemente sola nella propria rivendicazione di autonomia: si tratta di un ritratto che non mira a una coerenza ottusa e granitica, ma piuttosto a restituire una persona onesta con se stessa, e insieme capace di trarre soprattutto dalle sue debolezze e dalle sue domande la propria forza di autodeterminazione.
CITAZIONE: “Ho lottato una vita per un mondo che non ha posto per me. Sono inadatta al paradiso. Non lo merito. / Non riesco a cambiare rotta. Forse sono stupida. Non riesco a salvarmi la pelle, a curarmi l’anima.”
Chiara Borrelli