UNA STORIA QUASI SOLO D’AMORE , , ,

Scrivere una storia d’amore è bello, attira il lettore ma nasconde non poche insidie: Di Paolo ne è ben consapevole e non cade nel tranello del melenso e delle frasi da Bacio Perugina.

Non a caso gli avverbi “quasi” e “solo” nel titolo ci danno la misura dell’attenzione che l’autore ha posto per non cedere alla banalità; quando siamo innamorati ci liberiamo dai pregiudizi e siamo mossi da una gigantesca curiosità verso l’altro che supera il timore. Cosa accadrebbe se proprio all’inizio di un incontro, quando la fase dell’innamoramento è già innescata, scoprissimo qualcosa dell’altro che ci spiazza completamente, che mai ci saremmo aspettati di quella persona?

 

Nino e Teresa hanno una decina di anni di differenza: lui ventenne attore spiantato, vivace, brillante e superficiale come solo i ventenni sanno essere, lei trentenne agente di viaggi, riflessiva, leggermente irritante e maestrina, già provata dalla vita e sorretta da una grande fede cattolica. E’ questo l’elemento che sconvolge Nino: ma come, pregare non è solo una roba da vecchie di paese, con lo scialle e la voce tremula?

I due si conoscono grazie a Grazia, zia di Teresa ed ex insegnante di recitazione di Nino, che lo ha riportato in Italia da Londra offrendogli un posto da docente di teatro in un corso per la terza età: anche questo destabilizza il ragazzo, che vede nella vecchiaia la fine di ogni spinta vitale e la personificazione della lenta deriva del suo paese. Ma accetta ed inizia così a rischiare, il primo di una serie di lanci nel vuoto e di messe in discussione che lo cambieranno nel corso del libro.

Grazia è il terzo punto di vista, quello che osserva i due giovani dall’esterno, con un misto di tenerezza, rabbia e una punta di invidia; poi ci sono i due protagonisti, ognuno con la sua visione del mondo e della loro storia, che Di Paolo ci mostra riuscendo a calarci nell’una e nell’altra realtà con delicatezza e credibilità.

La fede di Teresa, come si è detto,  è un pretesto, una caratteristica quasi “anomala” per quella generazione, uno spunto di riflessione per Nino ma anche pr il lettore. L’altro elemento interessante è il teatro, che fa da sfondo ma caratterizza i due attori della storia, Nino e Grazia, e dona un sapore di sceneggiatura a tutto il romanzo.

Un libro intenso, ricco di spunti e reso ancor più vero dalla dimestichezza con le parole che è propria dell’autore.

VOTO 20 FERMATE: La storia di Nino, Teresa e Grazia, non priva di sorprese e colpi di scena, coinvolge parecchio: trovate un buon posto sull’autobus o sul treno e dedicate qualche viaggio al loro amore. Magari riuscirete a dimenticare quella fastidiosa macchina parcheggiata in terza fila che blocca il traffico e troverete una buona scusa per fare tardi ad un appuntamento.

CITAZIONE: “Quand’è che siamo diventati stronzi? Come abbiamo fatto a non rendercene conto? Qualcosa sopravvive – il talento, che diventa mestiere: più raffinato, più disinvolto. Ma lo stupore? E l’attenzione autentica, profonda, che ci teneva incollati alle cose per ore, alle scoperte della vita intellettuale, alle parole degli sconosciuti, un po’ a tutto. Resta come un piccolo guscio di noce, al centro di noi, dove il meglio di cui siamo capaci è al sicuro. E’ la parte più viva e più umana. Mentre il resto precipita nell’incuria e nel degrado – i principi, l’onestà, il nostro stesso corpo – qualcosa ancora laggiù emana calore. Ma non basta. Non brilliamo più. Qualcuno, da lontano, scambia per luce vera il neon freddo e sterile del saperci fare.”

 

Flavia Capone

 

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