I LUOGHI E LE STORIE PIU’ STRANE DI ROMA , , , ,

Voi penserete che su Roma siano già stati scritti libri in abbondanza. Ma, vi dirò, siccome Roma è la città eterna per antonomasia, ogni notizia in più  non sarà mai abbastanza e conseguentemente non ci si stanca mai di ascoltarle. Del resto, con quasi 2800 anni di storia sarebbe sorprendente il contrario, cioè che non si potesse raccontare più niente. Ed ecco giungere quindi al paradosso secondo il quale mentre i romani si lamentano della lentezza con cui vengono eseguiti i lavori per la nuova linea della metropolitana, non possono non essere orgogliosi di una città che ad ogni metro scavato offre una storia da raccontare; per non parlare di quelle che troviamo in superficie. Insomma Roma è fatta per destare meraviglia e ammirazione in ogni suo chilometro quadrato.

 

“I luoghi e le storie più strane di Roma” di Giulia Fiore Coltellacci (Newton Compton)

L’ultimo libro di Coltellacci si concentra sulle stranezze della capitale e posso assicurarvi che ne riscontra parecchie. L’autrice racconta nei minimi dettagli ogni scorcio della città che può risultare strano al primo ascolto, ma che è diventato di una normalità disarmante per i romani, immersi da sempre in un ambiente denso di contraddizioni. Si scopre quindi che a Roma c’è una piramide; che una delle mete turistiche più visitate è una fogna; che una discarica è diventata simbolo di un quartiere; che viene venerata una santa che in realtà non lo è; che esiste una piazza dedicata a una prostituta; che venivano celebrati matrimoni gay nell’epoca della Controriforma; che purtroppo, a causa della speculazione edilizia, sono state distrutte ville che avrebbero fatto invidia a Versailles; che esiste un lago sotterraneo. Mi fermo qui, perché voglio che scopriate le altre stranezze per conto vostro.

Credo che l’aneddotica abbia avuto sempre un fascino particolare su noi lettori. Molte volte infatti restano impressi i piccoli dettagli, probabilmente perché li sentiamo più vicini rispetto alla grandezza e all’eternità del passato. Attraverso questo stratagemma, la Coltellacci riesce però a impartire vere e proprie lezioni di storia, che vanno dalla Roma repubblicana, passando per la Roma imperiale e quella dei Papi, fino ai giorni nostri, tutto narrato in maniera rigorosamente cronologica. Ne scaturisce un racconto di una città sì eterna ma sempre uguale a se stessa, con i romani campioni di pragmatismo e sferzante ironia verso il potere, in cui le numerose leggende si intrecciano in modo sublime con la verità. Un libro che serve ad amare ancora di più una città come Roma, semmai ce ne fosse il bisogno.

VOTO 30 FERMATE: Giulia Fiore Coltellacci ama la sua città: lo si percepisce da come la racconta. Non nasconde i problemi odierni, i quali però risultano pressoché nulli rispetto alla magnificenza della “Caput Mundi”. L’autrice scrive benissimo: una volta venuti a conoscenza di una stranezza, non vediamo l’ora di scoprirne un’altra.  Un vero e proprio servizio al turismo della capitale d’Italia. Cosa posso aggiungere amici di Roma? Leggete pure questo libro in metro, ma, non appena finite, correte in superficie a godervi lo spettacolo della vostra città.

CITAZIONE: “Durante il suo pontificato, breve ma intenso, si fece interprete del più severo rigorismo della Controriforma dimostrandosi intransigente contro fanatismi religiosi, credenze popolari e fantomatici miracoli. A tal proposito, un episodio è rimasto celebre: recatosi a esaminare un crocifisso che si diceva sanguinasse, il papa afferrò una scure e spaccò l’immagine sacra dicendo «Come Cristo ti adoro, come legno ti spacco»: nel legno vennero ritrovate spugne intrise di sangue. La cosa che colpì maggiormente l’opinione pubblica non fu l’inganno, quanto l’inaspettato e violento gesto del papa. Nel sonetto in cui allude all’episodio, Belli lo chiama il “papa tosto” e proprio da questa bravata è nato il proverbio «Papa Sisto non la perdonò neppure a Cristo», quindi figuriamoci se poteva perdonarla a quattro poveri cristi colpevoli di una condotta poco professionale. Sarà una leggenda quella di ponte Quattro Capi, ma se fosse vera non ci sarebbe da stupirsi.”

Libero Iaquinto

Anno

Casa Editrice

Pagine