“Il corpo che vuoi” di Alexandra Kleeman (Black Coffee)
Una storia nella quale i riferimenti reali e di trama sono ridotti all’osso, i protagonisti non hanno nomi ma lettere identificative (A,B e C) e i dettagli vengono spesi in lunghe descrizioni delle sensazioni, più fisiche che emotive, che i personaggi provano.
A. vive con la sua coinquilina B, che ogni giorno di più sembra volerle assomigliare fin quasi a fagocitarne l’esistenza, e frequenta C., l’unico che sembra provare il giusto distacco dal mondo e dalla propria condizione; il cibo è un elemento fondamentale, anche quando non c’è, e soprattutto nella sua dimensione commerciale, globalizzata, rappresentata da una merendina, la Kandy Kake, che si presenta all’inizio come mero prodotto pubblicitario e diventa man mano una presenza opprimente nella vita di A e nella storia.
La ricerca di un corpo che ci assomigli davvero, anche a costo di plasmare la propria identità a questa immagine, fino a perdere coscienza di se stessi: chi siamo? E soprattutto: siamo giusti o sbagliati, Luce o Ombra? E quanto siamo disposti a modificarci per un modello ideale?
Non saprei definire di più la trama di questo romanzo, che attraverso una scrittura complessa e fluttuante, trasporta il lettore in una dimensione più che in una storia. Si esce quasi stravolti da questa lettura, come da una battaglia, nella quale le parole ci hanno preso a pugni e abbiamo quasi dovuto abbatterle con un machete come si fa con una foresta impenetrabile.
Resta una sensazione di amarezza e disagio di fronte alla realtà, o meglio alle sovrastrutture (estetiche, commerciali, di comunicazione) che ogni giorno ci si parano davanti ed impoveriscono le nostre vite, tentando di rimpiazzare sentimenti e verità.
VOTO 40 FERMATE: Non è un libro che si può leggere distrattamente, salendo e scendendo da un autobus; va prestata la giusta attenzione a questo fiume in piena di parole. E vi assicuro che non guarderete più un supermercato con gli stessi occhi…
CITAZIONE: “Apro il frigo e ci trovo solo una pallida piramide di arance sbucciate. Sarebbe così semplice mangiarle così, senza buccia, indifese. Le fessure fra uno spicchio e l’altro sembrano fatte per le unghie di B. Non so perché, ma ora le arance mi terrorizzano. Non ci avevo mai fatto caso prima di leggere quel volantino, ma a guardarle bene hanno un che di sinistro, con quella polpa dolciastra e acquosa che nascondono dentro come un veleno. Le Kandy Kake hanno tutti gli ingredienti in bella vista sulla confezione, l’etichetta ci dice tutto, il loro apporto calorico e nutrizionale. Ma che cosa contiene un pezzo di frutta? Un’arancia non è solo un tipo di frutto: è un’entità a sé, riservata e misteriosa, che bada ai propri interessi celandoli al mondo esterno. Cerco le bucce con lo sguardo, ma sono svanite tutte, giù per la gola di B.”