DOSSIER CAPORETTO di Mirko Molteni , , , ,

Caporetto non è solo un luogo: per noi italiani rappresenta qualcosa di più. Rappresenta la crisi peggiore della storia italiana. La battaglia persa a Caporetto viene definita da tutti gli storici la più grave sconfitta dell’esercito italiano, una sconfitta subita non solo a livello militare, ma soprattutto morale. Nell’immaginario collettivo è divenuto più forte il ricordo di questa sconfitta che del successo ottenuto un anno dopo a Vittorio Veneto. Numeri impietosi: 10.000 morti, 30.000 feriti, 265.000 prigionieri, 600.000 profughi civili, 3.000 pezzi d’artiglieria in mano nemica; per non parlare della perdita di territori in Veneto e in Friuli. Il saggio di Molteni cerca di scoprire le cause profonde che portarono alla disfatta divenuta ormai proverbiale.

 

“Dossier Caporetto” di Mirko Molteni (Odoya edizioni)

Il contesto storico è ormai noto: la guerra imperversa in Europa da tre anni, Francia e Inghilterra resistono sul fronte occidentale, la rivoluzione bolscevica ha sancito il ritiro dalla guerra della compagine russa. Quest’ultima è la causa scatenante per cui gli Imperi Centrali, ossia Austria-Ungheria e Germania, concentrarono un maggior numero di soldati sul fronte italiano, perché naturalmente non ricevevano più pressioni dal fronte orientale. L’Italia avrebbe potuto prevedere un’orda così grande? Quante possibilità aveva l’esercito italiano di riuscire a sconfiggere quelli degli Imperi Centrali?

Molteni individua molte cause, o per meglio dire molte concause, perché tutte, accumulandosi, hanno condotto il nostro esercito alla sconfitta. Oltre al crollo della Russia, occorre tener conto del morale bassissimo delle truppe, in piena fase di stallo nei meccanismi di una guerra di trincea. La battaglia in sé fu perduta anche per motivi che possiamo considerare sfortunati, come la nebbia o la pioggia incessante, ma le cause principali vanno ricercate nelle responsabilità umane, come i ritardi nelle comunicazioni durante l’offensiva austriaca, il cattivo posizionamento delle truppe sul territorio oppure il malfunzionamento delle maschere antigas.

Molteni punta il dito specialmente verso i generali, incapaci e litigiosi. Critica aspramente le scelte di Badoglio e di Cadorna, vero e proprio capro espiatorio della disfatta, considerato unico responsabile dai suoi contemporanei, forse anche per la mancata eleganza con cui, nel bollettino finale della battaglia, additava i soldati, per la loro flebile resistenza, come autori della disfatta. Non possiamo fare altro che schierarci con i giovani soldati, i quali combattevano una guerra che non avevano voluto e dalla quale non avrebbero riscosso alcun ricavo.

VOTO 30 FERMATE: Molteni non tralascia nulla: qualsiasi domanda il lettore voglia farsi su Caporetto troverà risposta in questo saggio. È un libro particolarmente consigliato a chi è appassionato di armi, aerei da guerra e carri armati, perché Molteni è molto minuzioso nelle descrizioni tecniche. La perizia dell’autore si riscontra anche nei frequenti documenti ufficiali e lettere che trascrive, fondamentali per trasportare la realtà dell’epoca su carta in termini di sensazioni, paure, errori di valutazione e ragionamenti lungimiranti.

CITAZIONE: “Alle 8 del 26 ottobre arrivò alla sede del Comando Supremo re Vittorio Emanuele III a informare che a Roma era caduto il governo. La crisi del ministero Boselli si era conclusa la sera precedente con ben 314 voti contrari e solo 96 fiduciosi. La non frequente coincidenza di una grave crisi militare con un’altrettanto grave crisi politica doveva rivelarsi fondamentale nella costruzione della mitologia negativa di Caporetto come di un cataclisma la cui portata simbolica veniva vista ben più ampia dello sfondamento del fronte e del ripiegamento delle nostre linee.”

Libero Iaquinto

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