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TUTTO IL NOSTRO SANGUE , , ,

Riuscire a fondere generi diversi mantenendo equilibrio, credibilità ed emozione deve essere complicatissimo, ma Sara Taylor ci riesce, e anche molto bene.

In “Tutto il nostro sangue”  ci sono il romanzo familiare, la fiaba, l’horror, il noir e tutto convive benissimo, facendoci viaggiare in due secoli di storia (e quasi fantascienza) senza mai provocare cali di pathos e tensione.

 

Una genealogia di personaggi, in gran parte femminili, che prende avvio da Medora e si snoda in tante piccole vicende personali, tenere, emozionanti, crude, drammatiche, che compongono un quadro provinciale ma paradossalmente universale. La famiglia è un elemento centrale, così come la ricerca spasmodica di figure di riferimento che continuano a tradire o a venire meno, in un susseguirsi di fallimenti e resurrezioni che altro non è che la vita di ogni uomo.

Tutto si svolge nelle Shore, un arcipelago a largo delle coste della Virginia, teatro perfetto perché staccato dal resto del mondo pur essendo vicinissimo ad esso, luogo di rifugio, fuga o prigione, che fa emergere ancora più chiaramente e prepotentemente la lotta quotidiana di queste donne contro le difficoltà e le violenze di una società che le limita a ruoli spesso degradanti o insignificanti.

La speranza e la luce però non sono completamente svanite e ci sorprenderanno spuntando fuori in un futuro apocalittico che forse però è in grado di restituire all’umanità un’occasione di rinascita.

VOTO 30 FERMATE: Un libro impegnativo, che richiede la giusta attenzione nel seguire il filo degli eventi e delle singole storie. Il coinvolgimento però è davvero grande, così come la sorpresa in alcuni momenti e la commozione in molti altri.

CITAZIONE: “Mamma ci portava in biblioteca ogni martedì. Ad aspettarci, subito dopo, c’erano dei panini e un thermos di tè freddo. Non appena rientravamo a casa, preparavamo una postazione con cuscini e coperte nella nostra camera, poi ci rannicchiavamo lì dentro a leggere i nostri libri per tutto il pomeriggio , fino a quando Renee non si addormentava. Poi mamma e io sedevamo sul suo letto e lei mi leggeva i libri che mi piacevano e che Renee non era abbastanza grande per ascoltare, e mi permetteva di farle la treccia ai capelli. Erano davvero molto lunghi, le arrivavano fino ai pantaloni, e così crespi che non c’era bisogno di usare nulla per fissare le trecce che le facevo.”

Flavia Capone

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