il profumo delle foglie di limone clara sanchez

IL PROFUMO DELLE FOGLIE DI LIMONE di Clara Sanchez , , ,

Quello che per moltissimi di noi è solamente passato, storia, racconti letti sui libri di testo, per alcune persone purtroppo è stata una realtà devastante ed è l’incubo con cui combattere e confrontarsi quotidianamente. Questo impara Sandra a proprie spese, trovandosi nel mezzo di un passato che non è mai finito e scoprendo che le apparenze possono davvero ingannare.

 

“Il profumo delle foglie di limone” di Clara Sanchez (Garzanti)

Spagna, Costa Blanca. Sandra è sola, in un momento difficile della sua vita. Ha più di trent’anni, non ha combinato nulla e per di più si ritrova incinta di un uomo che non pensa di amare. È per questo che ha deciso di prendere le distanze da lui e dalla famiglia e di trasferirsi nella casa al mare della sorella per un po’.

Lì conosce Fredrik e Karin Christensen, due anziani che la soccorrono durante un malore in spiaggia. I due coniugi le dimostrano gentilezza, amicizia e decidono di tenerla in casa con loro per darle assistenza e non lasciarla sola. Di lì a pochi giorni, però, alla cerchia di amici ottuagenari della ragazza si unisce Julián. L’uomo le rivela di essere uno dei sopravvissuti al campo di concentramento di Mauthausen, dove i Christensen si sono distinti per la loro ferocia spietata.

Così la quotidianità di Sandra, fatta di quiete e adorabili vecchietti, si sgretola lasciando il posto a un mondo intriso di paura e popolato da mostri. Decide però di non fuggire e di fare finalmente qualcosa che abbia valore: aiutare Julián a smascherare quei lupi travestiti da agnelli e fare giustizia. Non solo per i morti, ma anche per chi è sopravvissuto e la vita l’ha persa comunque.

Ciò che colpisce è la delicatezza con cui l’autrice quasi non parla degli orrori dell’olocausto, che però inaspettatamente ci piombano addosso lo stesso. Solo dei brevi riferimenti, spesso innocenti (come la paura di fare la doccia con la porta chiusa, probabilmente per una terrificante somiglianza con le camere a gas), che però fanno percepire meglio di un qualunque racconto esplicito non tanto l’orrore dei campi (che secondo me nessuno che non l’abbia vissuto potrà mai davvero capire), quanto la profondità della cicatrice lasciata sui superstiti, più indelebile di qualunque tatuaggio.

VOTO 40 FERMATE: È un libro che si fa leggere velocemente, perché la storia ti trascina con sé. Ma il continuo alternarsi delle voci (che si danno il cambio ogni quattro o cinque pagine) richiede una lettura concentrata. Seguendo distrattamente la narrazione, capita di dimenticare chi è che sta parlando e quindi di smarrirsi, attribuendo pensieri e azioni al personaggio sbagliato.

CITAZIONE: “Raquel mi diceva sempre che alle persone che avevano sofferto molto, come noi, faceva paura godersi la vita. Ci spaventava essere felici. Diceva anche che esistono molti tipi di sofferenza nel mondo, che nessuno se ne libera mai del tutto e perciò noi non dovevamo sentirci speciali. A dire la verità io ammiravo la gente frivola, capace di godersi la vita, di divertirsi con qualsiasi cosa. Andare a fare spese, farsi una partita a carte, cenare con gli amici senza avere altro di cui preoccuparsi. Per me il loro stile di vita era desiderabile e irraggiungibile. L’innocenza era un miracolo più fragile della neve. Ed era più facile che le persone spensierate finissero per diventare come me che io come loro. In fondo volevo che i frivoli, corrotti e malvagi Fredrik e Karin fossero come noi, che soffrissero, che provassero il dolore. In quel momento lo capii chiaramente: la giustizia non avrebbe mai potuto fare giustizia come volevo io. Se Fredrik aveva gli scagnozzi, io avevo l’odio.”

Flaminia Gambini

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