CALAFIORE di Arturo Belluardo , , ,

“Oggi presento un libro particolare, è sul cannibalismo”: grazie a questa frase di una cara amica scrittrice ho conosciuto il romanzo di Arturo Belluardo, che, come potete immaginare, ha subito solleticato enormemente la mia curiosità.

 

“Calafiore” di Arturo Belluardo (Nutrimenti)

Calafiore è un archivista bancario, caratterizzato da un’indole mite e pacifica e dall’essere grasso, continuamente funestato da una fame ingorda e inestingubile. E’ riuscito a conquistare una donna giovane e bella con figlia al seguito, che ha trovato il suo adipe rassicurante ma non si sa per quanto tempo riuscirà a sopportare il suo aspetto. Una vita di diete assurde e fallimentari, derisione e continui tentativi di sopraffazione da parte di colleghi e falsi amici, che ad un certo punto si intreccia con quella di due giovani amanti che vogliono mangiarlo in diretta web. Sì, avete capito bene, vogliono MANGIARLO: il loro intento è di ribellione sociale, un grottesco e disgustoso atto di protesta contro una società dove i grandi campano sulle spalle dei più deboli.

Non vi svelo altro, la storia di Calafiore nasconde dettagli sorprendenti ad ogni pagina, che emergono ancor di più grazie alla scrittura ricca ed evocativa di Belluardo, che riesce a farvi sorridere,  piangere e a disgustarvi. Le descrizioni sensoriali, profumi, umori, sapori, esplodono dalle pagine e ci investono, senza lasciarci via di scampo, costringendoci a prender parte ad un banchetto infernale che da assurdo diventa quasi reale, possibile, soprattutto se ricondotto alla crudeltà della prevaricazione che il nostro mondo ci mostra ogni giorno.

Così la storia di un uomo debole, troppo buono (ammesso che si possa essere “troppo buoni”), vessato da tutta la vita, condannato ad una fame perenne, diviene vicenda universale, simbolo di tutti coloro che vengono divorati da un sistema orientato al profitto e del gran numero di ignorati che si trasformano in pigri indifferenti.

VOTO 20 FERMATE: Un tempo di digestione ragionevole, e non uso il termine a caso. Ci sono parti di questo libro indubbiamente difficili da affrontare per la loro crudeltà primigenia e disgustosa, ma sono quelle che rendono la storia potente e che le permetteranno di fissarsi nella vostra mente per molto tempo.

CITAZIONE: “Mi chiamo Calafiore e ho fame. Io ho fame, ho sempre fame. Ho sempre avuto fame. Come Galactus, che divorava pianeti a pranzo e lune a colazione; gli anelli di Saturno se li mangiava per aperitivo, come fossero anelli di calamaro o di cipolla fritti, di quelli che fanno da Burger King, che ti ci vogliono due giorni per digerirli e hai un alito che ti riconoscono a cinque metri di distanza. “Che ti calasti oggi, Calafiore?”, mi prendeva per il culo Cesare Pavoncello, il responsabile dell’Ufficio logistica e beni immobili. “Bambini morti? E che sei comunista, Calafiore, che ti mangi i bambini?”.»

Flavia Capone

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