PERDUTAMENTE , , ,

Un vortice di parole, che risucchia e lascia fluttuanti: questo è “Perdutamente”, romanzo d’esordio di Ida Amlesù, la storia di una ragazza sognante, ironica e viva più che mai.

La protagonista ci racconta la sua vita, dall’infanzia di bambina un po’ goffa e “strampalata” ad una giovinezza/maturità trascorsa in Russia, a perdersi dietro un amore doloroso e impossibile come sanno essere i primi veri amori. E chi legge la segue, segue il suo flusso di pensieri che quasi stordisce, alla ricerca di particolari reali che possano ancorare alla sua quotidianità e dare qualche informazione in più.

 

In questa storia  riesce a volte  difficile distinguere il sogno dalla realtà, ed il bello è che è così anche per la ragazza, che vive in una dimensione di continuo passaggio tra vicende di tutti giorni e un mondo onirico che spesso supera i confini e invade tutto. Allora Volodja, l’amore tormentato, diventa il Diavolo, ogni angolo della città e della casa prende vita riflettendo il suo umore.

L’autrice è anche cantane lirica e si vede: la struttura del romanzo è in “atti” e “intermezzi”, l’andamento della scrittura ha un suo ritmo, un procedere delicato e armonioso che quasi ipnotizza. Un fascino dovuto anche alla sottile ironia tragicomica che ci fa amare l’anonima protagonista tenera e poetica.

VOTO 20 FERMATE: Un libro breve ma con una certa complessità; la storia va seguita e cercata tra le pieghe della mente della protagonista, stando attenti a non perdersi (o volendo perdersi?). Adatto a percorsi di media durata, meglio se è possibile lasciar scorrere la strada senza prestare molta attenzione (se non sapete a che fermata scegliere chiudete il libro).

CITAZIONE: “Ero nata piuttosto strampalata e non accennavo a migliorare. In classe stavo sempre in piedi, ed era un grande sollievo – le sedie mi spaventavano, quell’immobilità era troppo precisa, troppo definita. Mi sembrava di essere in trono sotto lo sguardo feroce dei cortigiani, la corona di sbieco sulla fronte, e il corpo spento: un cadavere.”

Flavia Capone

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