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TETRIS – INCASTRI INTERNAZIONALI , , ,

In questi anni di “nostalgia nostalgia canaglia”, rincontrare i giochi che allietavano i nostri pomeriggi da fanciulli o che i nostri cari ci regalavano per compleanni o feste comandate, ci fa immediatamente tornare indietro nel tempo, alla velocità di un sospiro. Tutto ciò che passa sotto il nome di retro gaming poi, ci riporta alle lunghe attese ai cabinati nei bar, durante le spensierate vacanze, oppure all’impressione di avere ancora quel fastidioso dolore ai polpastrelli dopo aver pigiato, completamente a casaccio, i vecchi joystick nei pomeriggi passati a casa con gli amici, per colpa di lunghi tornei a Tekken. Sospiro dopo sospiro, fino a che la realtà non torna a bussare o qualcuno pronunci la fatale frase “ah, quelli si che erano bei tempi” regalando a tutti una bella dose di vecchiaia. Inesorabilmente.

 

Oggetti di culto come il Game Boy, il Sega Mega Drive, il Nintendo o addirittura il Flipper, sono talmente vicini alla nostra quotidianità che vorremo recuperarli, ad ogni costo: ignoriamo completamente, però, il contesto in cui sono nati, sono stati pensati, creati e sviluppati, perché eravamo troppo piccoli o rimbambiti dalla pubblicità che ci propinava Super3, o altra emittente spacciatrice di esotici cartoni animati. Ad approfondire questo aspetto ci sono numerose pubblicazioni, ultima tra queste è “Tetris – Incastri Internazionali” di Box Brown che leva la patina di mito e polvere depositata su questo fantastico gioco, raccontando una storia sorprendente e piena di colpi di scena.

Fa un po’ ridere che un autore che potremmo tradurre “scatola marrone” si interessi al rompicapo con dei “blocchi gialli”, ma Brown si è già cimentato nel racconto di mitologie del passato recente con intelligente spirito e regalando alle sue Storie la giusta prospettiva per donare al suo soggetto un buon punto di vista: dopo “André The Giant”, colosso del wrestling anni ‘80, arriva la storia di un ipnotico giochino che ha incantato il mondo intero, dando forte dipendenza anche a chi vi scrive.

Intrighi internazionali, scontri diplomatici, imprenditori frettolosi, rampanti o più semplicemente pasticcioni, fanno da corollario alla creazione di Aleksej Pazhitnov, giovane informatico in forza all’Accademia delle Scienze di Mosca nel 1984 in Unione Sovietica, in piena Guerra Fredda. Sarà la perfetta scelta dei colori bianco nero e giallo, a simulare la palette 8bit, o l’iconica, stridula e adorabile musichina di Tetris che viene evocata più volte nel racconto, a rendere scorrevole ed accattivante l’avvicendarsi di capitoli in forma di blocchi (cosa altrimenti?), inizialmente in forma chiusa e quasi estranei al soggetto, ma che poi confluiscono e completano tutta la vicenda come quando arriva, finalmente, il lungo e raro blocco da 4 pezzi che regala il punteggio più alto e da il nome al gioco: il Tetris!

VOTO 10 FERMATE: Vi consigliamo di recuperare “Tetris – Incastri Internazionali” in formato cartaceo per godere appieno sia del lettering che della colorazione azzeccata, ma anche per apprezzare al massimo il tratto veloce ed efficace di Box Brown, che regala una marcia in più a tutta la storia che vi terrà incollati alla carta e non ai nuovi schermi portatili

Giovanni Villani

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