Non c’è dubbio che le azioni di Maurizio siano motivate dal ricordo della moglie Elena, conosciuta in treno e sposata dopo pochi mesi. Al principio il loro rapporto si fondava su un’intesa perfetta, apertura al dialogo, fiducia l’uno nell’altra e soprattutto una passione scatenata. Poi si rompe qualcosa: magari la fretta del matrimonio o una passione ingannatrice finita troppo presto, oppure la noia che inevitabilmente prende due individui che non hanno avuto tempo di conoscersi. La loro storia finisce nel più tragico dei modi: Elena si suicida.
Ha così inizio il vortice distruttivo di Maurizio, tra notti passate in auto in cerca di prostitute e successiva solitudine a cercare il motivo dell’insano gesto, mentre chatta sui siti d’incontri. In suo aiuto accorre l’ex cognata Monica, che ha importanti novità sul caso di Elena e gli renderà manifesta la sconvolgente e tremenda verità. Il sentimento dell’amore viene sezionato e analizzato, portato ai limiti dell’ossessione carnale; un’ossessione per cui si può morire perché è l’unica passione che rende vivi i protagonisti. Il mondo femminile ne esce sconfitto, dedito alle vendette e alla bramosia di denaro. Il finale è semplicemente sorprendente.
VOTO 20 FERMATE: Maurizio è il tipico personaggio che può ispirare simpatia, ma Giugliano è abile a mostrare soprattutto i difetti di quello che è effettivamente un antieroe. Il taglio realistico è supportato dalle espressioni in lingua napoletana e dal linguaggio talvolta scurrile. Sullo sfondo della vicenda giace l’hinterland napoletano, spogliato di ogni romanticismo e attaccato duramente per il suo provincialismo. Durante i giri in auto senza meta viene mostrato un ambiente in declino, proprio come l’anima del nostro protagonista, tra speranze del passato e macerie di un presente inghiottito dalla caotica urbanizzazione.
CITAZIONE: «So’ stata ingenua, capisci? Questa è la cosa che mi fa più rabbia» disse Monica, mentre lui apriva la porta per farla uscire.
«Lo siamo stati tutti e due» fece Marullo, di rimando. «Che ci vuoi fa’ mo’?»
«E che ci posso fa’? M’aggia adegua’…» disse Monica. E aggiunse: «Leggilo, non fare lo scemo. Soffrirai ma te ne libererai. Io lo so perché l’ho letto. Senti a me…».
Non rispose. La seguì con lo sguardo mentre si allontanava sul pianerottolo. Poi chiuse la porta.
Libero Iaquinto