L’iris selvatico di Luise Glück ,

L’iris selvatico di Luise Glück

Nel 1992 Louise Gluck vince il premio Pulitzer per la sua raccolta di poesie “L’iris selvatico”. Nel 2020 la poetessa americana vince anche il premio Nobel per la letteratura. Potevamo ignorare la riedizione italiana della sua opera? Chiaramente no! Attraverso la traduzione di Massimo Bacigalupo potrete apprezzare appieno l’eleganza e la bellezza dei versi di Gluck.

 

L’iris selvatico di Luise Glück

Le poesie della raccolta sono immaginate come tanti fiori in un giardino: ogni componimento ha a che fare con un fiore diverso, rappresentante in quel momento del sentimento della poetessa. È possibile stabilire un continuum temporale: infatti è come se la poetessa segua il progressivo evolversi della fioritura del suo giardino, evocando i suoi sentimenti al riguardo. Più volte riusciamo a scorgere nell’osservazione dei fiori il dramma per la brevità del loro ciclo, pensando alla corrispondente brevità del viaggio umano. Il sentimento del tempo è centrale nell’opera, un tempo che passa incessantemente, ma resta fisso nel ricordo.

Gluck parla attraverso i fiori, che, a loro volta, parlano con lei. Il suo doppio ruolo di poetessa-giardiniera la pone in una posizione privilegiata rispetto alle sue creature, che però riescono a comprendere la sua imperfezione, in quanto Dio umano. Per questo la poetessa si tormenta per la sorte di ciò che ha creato, perché destinato all’imperfezione. Il riconoscimento dell’imperfezione di Dio è ciò che rende la raccolta anche beffardamente ironica e amara. Soprattutto perché il Dio verso cui si rivolgono gli uomini non sembra tormentarsi affatto.

VOTO 10 FERMATE: Il testo originale a fronte ci permette di conoscere le parole esatte che Gluck intendeva scrivere e consiglio a chi sa un po’ di inglese di leggere sia l’originale che la traduzione. La scrittura della Gluck è molto intima e precisa, in cui ogni parola viene scelta con cura. La confessione della scrittrice, autocritica e indulgente nello stesso tempo, è naturalmente esposta su un piano personale, ma riesce comunque ad interpretare il sentimento universale della fragilità e del dolore.

Citazione:

Ma perché

cominciare qualcosa

tanto vicini alla fine?

Pomodori che non matureranno mai, gigli

che l’inverno ucciderà, che non

torneranno in primavera. Oppure

stai pensando che

passo troppo tempo

guardando avanti, come

una vecchia che indossa

maglioni d’estate;

stai dicendo che posso

fiorire, non avendo

nessuna speranza

di durare?

 

Libero Iaquinto

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