LA PIENA di Andrea Cisi , , ,

Può una storia quotidiana, semplice, comune, catturare più di un romanzo d’avventura o un noir? Certo, e “La piena” ne è un esempio perfetto. La storia della propria vita da operaio e padre di famiglia, con il calcetto a metà settimana e le piccole commissioni di ogni giorno, raccontata in prima persona da Umberto, che ha una moglie Lisa e un bambino Ale, affettuosamente “il nano”, dei genitori anziani, e abita a Cremona, con una selva di concittadini che paiono già nati per essere personaggi di un libro.

 

“La piena” di Andrea Cisi (minimum fax)

Non serve chiedersi se accadrà qualcosa di particolare, o quando arriverà questa famosa piena di cui si parla nel titolo: Umberto ci trascina nella sua esistenza, nei suoi pensieri e nel suo cuore, e questo basta a saziare la voracità del lettore. Andrea Cisi ha una straordinaria capacità di narrazione, sa descrivere i minimi dettagli senza perdere incisività e ritmo, sa far ridere e dopo poche parole sprofondare nella commozione.

La vita di Umberto non è straordinaria e non è facile, come quella di ognuno di noi: c’è la crisi economica, i soldi non bastano mai, i matrimoni si logorano e bisogna badare ai propri genitori come fossero bambini. Non per questo la vita perde di interesse, non per questo si smette di cercare la propria strada e di tentare disperatamente di non svanire nella routine: Cisi ha scritto una storia universale e leggendola forse si può provare a sentirsi parte di qualcosa di più grande.

VOTO 30 FERMATE: La mole del romanzo mi impone almeno le 30 fermate, ma vi assicuro che nulla che potrà ostacolare la vostra lettura, che scorrerà fino a che non sarete costretti a scendere. O magari proseguite comunque fino al capolinea, ne varrà la pena.

CITAZIONE: “Mamma immerge letteralmente il nano nella crema solare, senza espressione. C’è amore, non entusiasmo. Appena pronto lui si rotola nella sabbia, diventa una cotoletta. Lo prendo di peso e lo trascino in mare, vincendo il brivido del freddo contatto con l’acqua di giugno alle caviglie e poi al polpaccio e via, sempre più su. Si divincola, ride pazzo, urla di lasciarlo andare, lo scaravento dentro. Risale e sputa fuori acqua salata, tossisce, poi resta lì così, col sorriso disegnato. Quel sorriso che è il tesoro più prezioso che possiedi. Quel sorriso che sei tu quando avevi i suoi anni. Quel sorriso che sei tu ed è Lisa.”

Flavia Capone

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