IL FANGO, LA NEVE, IL MARMO. 1915-1918 di Alberto Adotti , , , ,

Ho un vago ricordo di una gita a Roma in prima media: in questo ricordo non trova spazio l’ammirazione per monumenti e piazze, che avrei apprezzato solo anni dopo. Ma qualcosa la ricordo: un monumento maestoso, troppo grande agli occhi di un bambino, che non poteva lasciare indifferente nessuno. Quel monumento era l’Altare della Patria. Sono andato altre volte a Roma e ho rivisto ancora quell’opera imponente, continuando a credere che davanti all’arte l’impressione conti molto. Attraverso la raccolta di racconti di Alberto Adotti è possibile rileggerne anche il significato.

 

“Il fango, la neve e il marmo 1915-1918” di Alberto Adotti (Rubbettino editore)

L’opera di Adotti è dedicata al Milite Ignoto, figura che simboleggia il sacrificio di tutti quei soldati che sono caduti in guerra per la causa italiana. Undici racconti. Undici come le bare avvolte nel Tricolore nella basilica di Aquileia del 1921, che contenevano le salme di undici soldati dei quali non si sapeva niente. Una di esse, scelta a caso, fu trasportata a Roma ed è tumulata tuttora nel Vittoriano, che da allora ha assunto il nome di Altare della Patria. Adotti dà voce a questi ignoti, dà loro prima di tutto un nome, poi una vita prima della morte e una storia da ricordare.

Mi sono soffermato a lungo sul monumento dedicato al primo re d’Italia perché è il filo conduttore dei diversi racconti. I soldati protagonisti hanno avuto tutti a che fare con il Vittoriano, chi in un modo chi in un altro: c’è chi faceva parte dello studio di architetti che lo progettò, chi lavorava nella cava che fornì il marmo per la costruzione, chi pensò ai decori e ai fregi, o chi lo ammirava semplicemente ancora in costruzione e non ne capiva il senso. Il Vittoriano è sempre presente in ogni racconto, come un presagio di morte e un destino già segnato, freddo come il marmo incapace di trovare risposte alle cause del conflitto mondiale.

VOTO 10 FERMATE: I racconti di Adotti sono narrati in prima persona. L’attenzione è riposta, più che sulla morte, sui ricordi e sugli affetti che ogni soldato ha lasciato una volta partito per il fronte. La quotidianità delle trincee e dei campi di addestramento è descritta in maniera molto realistica. I sentimenti dei soldati vanno dal puro patriottismo contro l’invasore austriaco all’astio nei confronti della politica che manda al massacro migliaia di giovani. Adotti ha reso possibile guardare l’Altare della Patria non solo con l’ammirazione per una grandiosa opera umana, ma anche con un sentimento di pietà verso coloro che sono morti un secolo fa nel fango e nella neve, eternizzati ora nel marmo.

CITAZIONE:Alzai il viso, lo riconobbi all’istante quel pazzo di Ernest, Ernest Hemingway che avevo conosciuto a New York in un party, finito con una colossale sbronza, presso comuni amici universitari prima di partire per l’Europa

-Mio Dio, Kevin, che bella accoglienza ti hanno riservato i crucchi! – disse guardando il mio braccio sanguinante.

-Ma no! – risposi. -Sono preoccupato più per il mio vestito che per altro! Fui subito medicato, ricordo che Ernest fu molto premuroso nell’assistermi e dopo volle accompagnarmi al mio comando, così ebbi modo di conversare a lungo con lui. Mi parlò della sua attività, degli orrori della guerra, dei suoi amori non corrisposti, della depressione subita per la delusione di essere stato lasciato da Agnes, infermiera della Red Cross, della quale si era follemente innamorato.”

Libero Iaquinto

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