UN QUARTO DI DONNA , , ,

La lettura che propongo questa volta è una riedizione di un racconto del 1973, stampato per la collana Novecento Italiano da Elliot editore. Il motivo principale di una riedizione è di attualizzare l’argomento. Ecco la difficoltà di questa recensione: trovare un argomento. Un quarto di donna è una raccolta di sensazioni, di pensieri, di frustrazioni. Ogni tema trattato viene filtrato dall’insoddisfazione della protagonista, la stessa Ferri. È una continua confessione; il punto di vista di Giuliana sovrasta tutto e tutti. Ogni gesto e ogni parola diventano occasione di un resoconto della propria vita.

 

Nel 1973 Giuliana Ferri è giornalista dell’Unità e militante del PCI. È madre di due figli, sposata con un uomo che la soddisfa raramente. Sente intorno a sé le sbarre di una vita mondana forzata, da intellettuale borghese troppo lontana ormai dai valori su cui è stata fondata la democrazia italiana del Dopoguerra. La famiglia non le offre alcuna felicità, i figli diventano un ostacolo alla sua ambizione confinata nella sfera del personale, le faccende di casa limitano la sua realizzazione come donna. Giunge alla decisione, drastica in quel periodo perché era ancora una pratica illegale, di abortire per il semplice motivo che non sarebbe riuscita a crescere un altro figlio, limitandosi ancora, condizionata dall’indifferenza del marito che non riesce a reggere il peso della sua coscienza.

Intorno a sé un ambiente che non sa più per cosa lottare, alla perpetua ricerca del non ancora detto, in attesa che accada qualcosa, che preferisce suicidarsi piuttosto che vivere nella completa apatia. Ogni incontro negativizza la sua sensazione sul mondo, soprattutto quelli con le sue amiche che mal digeriscono la sua scelta di rimanere in Italia con la famiglia. Ho parlato di attualizzazione dell’argomento, ma sfogliando le pagine del racconto mi rendo conto che la situazione è ancora più difficile: mi accorgo che la società descritta dalla Ferri non è lontana da quella odierna.

VOTO 10 FERMATE: è un continuo flusso di pensiero intervallato da dialoghi che non aggiungono molto alle digressioni della scrittrice. Dal titolo capiamo l’omaggio dovuto alla De Beauvoir e alla letteratura femminista, intenta a proporre un originale punto di vista sulle cose. L’introduzione a cura di Angela Scarparo spiega in maniera precisa il mondo personale dell’autrice, figlia, suo malgrado, del suo tempo.

CITAZIONE: Odo appena la sua voce e la sua immagine la vedo riflessa a un tratto nello specchio che mi sta di fronte. Mi ha ritrovata, mi abbraccia. Non posso salutarla semplicemente. Carico il mio “come stai” di ogni possibile esaltazione. Non risponde, va avanti, mischia tutto, io, lei, noi, passato, presente, mondanità, tutto il tempo che è passato su tutto e punta decisamente alla ricerca di un incontro da palcoscenico che si svolge per caso in questo spazio definito, da interno di orologio.

 

Libero Iaquinto

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