MI CHIAMO SARA, VUOL DIRE PRINCIPESSA , , ,

La protagonista di questo libro può sembrare una sola, in reltà sono 3: Sara Monfasani, nata a Settima, frazione di Gossolengo a sette km da Piacenza, 15 anni, licenza media; Roxana, idolo pop anni ’80, vestita d’argento con playback incorporato; Bimba, che è come la chiama Antonio, suo talent scout e primo amore.

Violetta Bellocchio si rivela nuovamente una scrittrice dalla sincerità disarmante, capace, nel memoir come nel romanzo di finzione, di conferire crudezza e verità all’universo che crea.

 

Siamo negli anni ’80 , il decennio nel quale qualche minuto di fama non si nega a nessuno: non serve saper cantare, ballare o recitare, non serve il talento. Serve ESSERE UN PERSONAGGIO. Sara è una ragazzina di provincia ma ha le idee chiare: vuole scappare, andare a Milano per essere scelta dal dj e conduttore del momento, perché sa di essere nata per lui, per realizzare le sue fantasie artistiche, per essere plasmata.

Sara ce l’ha un talento, lo scoprirà poi (e sarà diverso da quello che si aspettava), è determinata e apparentemente non ha paura di nulla; per questo riesce, arriva in alto, ma le manca qualcosa che non può essere trovato al di fuori di sé e delle propria sfera intima, della propria storia: l’essere stata bambina, l’essere cresciuta pian piano, sorretta da mani benevole che sanno educare.

Questa mancanza si mostrerà gradualmente, smontando le finzioni: sarà il suo corpo a ribellarsi, a toglierle il controllo, a spingerla a cercarsi fuori dalla plastica del palcoscenico.

Ci sarebbe molto altro da dire, ma è bello affrontare da soli questa storia, scontrarsi con le parole pesanti e pesate per ogni momnto della vita di Sara che l’autrice sceglie con precisione, e provare a crescere con lei.

VOTO 30 FERMATE: La storia di Sara richiede immersione, bisogna avere modo e tempo di calarsi nei suoi pensieri; se vi aiuta, indossate spalline e parrucca alla Cindy Lauper per entrare meglio nell’atmosfera!

CITAZIONE: “noi stavamo meglio perché eravamo migliori degli altri, e io non ero la gente. avevo scelto bene. ci avevo preso, quando avevo smesso di essere una ragazza ed ero diventata una cosa, come la sabbia e il buio davanti a me, come l’acqua, la terra, le strade, il cinema, lo spazio vuoto tra i sassi del fiume, la luce accesa dietro una finestra.”

 

Flavia Capone

 

Anno

Casa Editrice

Pagine